|
||||||||||||||||||||||||
Natale e vigilia Suoni, ricordi e aromi il caratteristico suono delle zampogne fa da sottofondo ai ricordi di un natale che non c’è più . Solo la buona tavola sembra ricongiungerci alla nostra infanzia con pietanze e aromi che conservano quasi intatto il sapore di un tempo. di Francesco CORAPI Durante il periodo imperiale la festa principale era la nascita del Mitra (giorno della nascita del Dio sole indomito) che coincideva con il solstizio d’inverno, e veniva festeggiata il 25 di dicembre. I primi cristiani dei secoli iniziali della Chiesa non festeggiavano la natività (“luce del mondo” e “sole di giustizia“ come egli si definisce nel Vangelo di Giovanni). Soltanto a partire dal III – IV secolo d.c. i festeggiamenti per la nascita del Gesù si diffondono in tutte le chiese e prendono il posto dei festeggiamenti pagani. Questa mia premessa ci porta certamente molto lontano nel tempo, ma mi pare molto opportuna perché ci aiuta a capire da dove veniamo. I miei ricordi mi rimandano a strade buie, con poche luci, con suoni di zampogne che allietano la novena natalizia. Ricordo perfettamente gli zampognari che, a partire dalla sera di Santa Lucia, si spostavano per le vie del paese creando quell’atmosfera di festa che oggi ci manca tanto. No, non è nostalgia di un passato spesso enfatizzato ma la constatazione di una tradizione molto sentita e partecipata da tutti che oggi lascia il posto ad una ricorrenza ormai totalmente in mano al giro vorticoso degli affari e del consumo. Stefanù du crapu e Cenzo du cutrisi (non sono nomi di fantasia ma uomini realmente esistiti), con i loro strumenti si incamminavano per le vie del paese. Di tanto intanto si fermavano a qualche porta, accolti dai padroni di casa i quali, dopo una breve chiacchierata offrivano loro un bicchiere di vino, magari novello, travasato appositamente per utilizzarlo durante le feste; oppure un bicchierino di cognac o anice per riscaldarli dal freddo subito durante il tragitto: Suonavano, suonavano zampogne e ciaramelle rallegrando i cuori di quanti assopiti si riscaldavano al focolare ricordando, l’arrivo del Santo Natale. Sono versi senza autore, perché sono la sintesi dei miei fanciulleschi ricordi. Mentre sto scrivendo mi si apre d’avanti agli occhi il film dei miei trascorsi. Curioso e sensibile al defluire del tempo, che all’udire dei suoni gioioso, seguivo gli zampognari, che con le loro melodie mi avvertivano che stava arrivando il Natale. Chi non ricorda l’attesa della strenna? Si aspettava con ansia il Natale anche per ricevere dai nonni e dagli zii (custodi della tradizione del dono) l’ omaggio di pochi ma graditissimi spiccioli. Quanto freddo ci siamo sorbiti, fermi sotto qualche vajjù o vignanu, a giocarsi quei pochi soldini che eravamo riusciti a recuperare con la strenna. Naturalmente i ricordi di chi ritorna indietro con la mente alla fanciullezza sono a volte molto offuscati da eventi e circostanze anche amare, ma la limpidezza dei momenti migliori riesce sempre ad avere il sopravvento. Nel Natale che cambia possiamo comunque affermare che uno dei pochi aspetti della tradizione che ancora si conserva piuttosto bene è quello che attiene la preparazione di dolci e pietanze tipiche delle festività natalizie. Le donne erano indaffarate e preparare i curureddi o zzippuli, in quantità industriale, praticamente nù sportuni chinù ( una sporta che può contenere 50 kg di peso). Si usava scambiare queste preparazioni tra le famiglie della ruga, naturalmente così facevano anche le altre famiglie. In questo modo ti trovavi zeppole di due tre fritture, che ovviamente erano state impastate con lo stesso lavatù. E friggendo friggendo, si impastavano anche molti crispeddi o murrineddi anche questi utilizzati per accompagnare un bicchiere di vino offerto ad amici e parenti che facevano visita.
|
||||||||||||||||||||||||
Tutte le informazioni, le foto e le poesie
sono state gentilmente concesse da alcuni paesani, ne è pertanto vietata
la riproduzione anche parziale senza autorizzazione. |
Il
tuo IP è